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Nino Stresa 21

ròsa dalla collera di tutte le delusioni, non avrei voluto insultarlo, in pubblico, dicendo che quella soave maschera di bellezza e di malinconia, nascondeva solo la vittoria più plateale dell’istinto, che egli era ancora e sempre e non altro che l’uomo fatto di argilla, senza il divino soffio! Non meritava egli l’insulto, con quella sua apparenza di tristezza, dove chi sa quante altre donne sarebbero cadute ingannate, con quella sua ipocrisia di tenerezza e di languore, dove ogni cuor semplice si sarebbe lasciato prendere?

— Perchè sei ipocrita, anche? — gli domandavo per provocarlo.

— Io? Io?

— Sì, tu. Non fingi di esser triste, tu?

— Non fingo, sono triste.

— Tu sei un gaudente, niente altro.

— Gaudente e triste, insieme, — egli soggiungeva, sordamente.

— Ipocrita, niente altro che ipocrita! — gli gridavo, furiosa che egli proseguisse nell’inganno.

Egli mi guardava, crollando il capo.