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Angelica 269


peva che non avevo conforti nè dalla ricchezza, nè dal nome, nè dai trionfi della vanità, perchè l’anima vuole il suo pascolo, perchè è l’amore che serve all’anima, perchè niuno sfuggirà a questa necessità dell’anima. Come egli aveva compassione di me! io leggevo nei suoi occhi, quando mi guardava, una così infinita tristezza, che mi faceva fremere di dolore: io sentiva tale compassione, nella sua voce, quando mi parlava, che mi veniva una disperazione immensa, come se tutte le sorgenti segrete della mia infelicità fossero interrogate, insieme. Ah egli era il fratello dell’anima mia, era il mio fratello e il mio amante, il mio protettore e il mio sposo: i suoi occhi eran tristi tanto, guardandomi, e la sua voce era triste, parlandomi, perchè egli doveva essere il balsamo malinconico delle mie sofferenze — e l’ho perduto, l’ho perduto! Una sera di estate, mi rammento, io sono escita sulla terrazza della mia villa, lasciando nel salone tutti i miei invitati, cercando un po’ di pace nella fresca notte, volendo respirare l’odore inebbriante dei bianchi gelsomini