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196 Un suicidio


onore, che è più onesto vivere scontando la pena del grande errore anzi che rifugiarsi nella tomba? Chi, chi, glielo diceva, in quegli occhi e nella sua coscienza? Tutti i suoi che erano morti, alla loro ora, quietamente, toccati dal destino, ma onorati, ma ridenti di esser rimpianti, glielo dicevano, forse, in quegli occhi: tutti quelli che lo avevano amato e che erano lontani, e che non potevano salvarlo, adesso: tutti coloro che egli aveva amato, nell’infanzia, nella giovinezza, dieci anni, un giorno, un’ora, costoro, forse, o le loro ombre amate, o le loro lontanissime tenere voci o i loro occhi buoni che lo volevan salvare, o le loro mani carezzevoli che lo volevan trattenere: costoro, in quello sguardo! Vinto da una immensa debolezza, Julian Sorel si lasciò andare sulla proda arenosa del fiume, nascondendo la faccia nella umida arena, con le braccia aperte, singultando lievemente, ogni tanto, ma senza piangere. Il cane si era seduto accanto a lui, aveva posato il muso infangato sulle sporche e scarne zampe: e per tutto quel tempo in cui