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188 Un suicidio


costretti a restare in Roma nell’estate: e avevan passeggiato, su e giù, lungo il fiume, verso i vasti prati di Tor di Quinto, verso la ombrosa via Angelica: Gwendaline era vestita di molle seta bianca, come sempre di bianco, e aveva un gran mantello leggiero di lana bianca: sì, sì, egli sarebbe morto a Ponte Molle, verso Tor di Quinto o per la riva di via Angelica, era ancora lei che gli suggeriva questa idea. Era a piazza Venezia, quando si decise. E prese per il Corso, sulla diritta. Qualcuno lo salutò, egli non riconobbe chi fosse e passò innanzi: varii lo fermarono, eran creditori di piccole, di grandi somme e la domanda variava, ora brutale, ora piagnolosa, ma insistente, ma implacabile, lo avean saputo ricco e gli avean fatto credito, e credevan che avesse denaro ancora, credean che si negasse per mala volontà. Tutta la traversata del Corso fu una lunga tortura, per lui fu il tormento immeritato, ingiusto, poichè, infine, egli andava a morire, di questo passo, fra un concerto di voci, di parole, di frasi che gli dicevan, tutte, cercandogli i denari: