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Julian Sorel 185


si uccide, paga i suoi debiti: chi si uccide, non ha più bisogno nè di onore, nè di amore, nè di denaro: chi si uccide, conquista la pace suprema. Non hai più nulla da fare, nel mondo; vattene via, nella fossa comune, ivi non sono creditori, nè appariscono più i divini e dannati occhi azzurri che furono la causa della tua morte.

Lampeggiarono, gli azzurri occhi, a queste ultime parole. Julian Sorel li guardava e ne beveva il veleno di morte, Julian Sorel udiva la chiara e ferale voce e ne sentiva, al cuore, le mortali, le lugubri vibrazioni.

— Sono due mesi che ho deciso di uccidermi, quando non vi fosse più rimedio, — egli disse, fiocamente.

— Hai aspettato troppo: va, va a buttarti nel Tevere, — diss’ella, guardandolo, ipnotizzandolo, dandogli la suggestione dell’amore, del dolore, del terrore.

— Vado, — disse Julian Sorel e si levò.

Ma non fece un passo. Ella lo guardò ancora, per vincerlo intieramente nella sua infinita debolezza.