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180 | Un suicidio |
Gwendaline, trasognato: quasi non avesse udito, o non avesse inteso.
— A che cifra ascendono i tuoi debiti? — ella replicò, dominandolo coi suoi azzurri occhi glaciali.
— Non lo so.... non so.... non me ne parlare, — egli pregò fremendo, passandosi una mano sulla fronte.
— Tu devi duecentosettantamila lire, ho fatto io il conto.
Parve che le sillabe di questa dura frase battessero tutte sul cervello dell’infelice, perchè il suo volto si decompose.
— E non hai un soldo per pagare; e non hai più nessuna risorsa, le hai esaurite tutte; e non hai nessuna speranza di eredità, perchè ti sono morti tutti i parenti, nessuna speranza nel tuo lavoro, perchè non sai lavorare, sei stato un uomo dato all’amore e al piacere, nessuna speranza di affare, di speculazione perchè fra un mese, fra una settimana, tu sarai un fallito, un truffatore.
— Gwendaline, se mi vuoi bene, taci, taci....
— Io non ti voglio bene, — ella proclamò, ma quietamente.