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Julian Sorel 177


e snella donna gli era avanti, lo fissava coi suoi freddi e brillanti occhi azzurri, più azzurri di qualunque cielo, passando le dita rosee e sottili nella piuma bianca volitante onde era guarnita la sua vestaglia di lana bianca, tutta ricamata di argento come una stola.

— Dunque? — chiese la voce fresca e nitida della donna.

— Oh Gwendaline.... — egli mormorò diventando più pallido ancora, non reggendo a sostenere lo sguardo di quei glaciali occhi azzurri.

Ella si sdraiò, tutta bianca, in un divano di riposo bianco, coperto di cuscini di seta bianca così molli che vi affondò. Si vedevano i due piedini calzati di pianelle di velluto bianco con l’orlo di piuma e di calze sottilissime di seta nera, sottilmente ricamate di argento. La massa dei capelli biondi era sostenuta da un gran pettine, tutto seminato di minute perle, e due grosse perle bianchissime le pendeano dalle orecchie. Ella giuocava coi fili delle piume, pian piano, come un uccellino che liscia le sue piume. Il roseo