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Julian Sorel 175


la meta o teme di raggiungerla, egli giunse all’angolo di via Torino, dove doveva voltare: si fermò, restò immobile, quasi incapace di giungere fino al bigio villino, che già si vedeva, fra la sottile fascia di verdi alberi che lo circondavano. Adesso, una espressione di spavento si era unita, sulla sua faccia, alla profonda stanchezza che ne trapelava: il grazioso villino sorgente fra i rami che cominciavano a fiorire, gli faceva paura. Fu in preda a mille esitazioni che egli attraversò quel breve spazio di strada; la sua mano, pigiando il bottone bianco del campanello elettrico, tremava. Un cameriere, ancora in giacchetta da mattina e con un grembiule di cotonina azzurra davanti, gli venne ad aprire:

— La signora dorme ancora? — chiese Julian Sorel, con una debole voce infranta, sperando tristemente di avere una risposta affermativa.

— No, Eccellenza: ha già chiamato da un’ora.

Gli aveva dato, è vero, dell’eccellenza, quel cameriere, ma lo aveva guardato con