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Madame Héliotrope 159

venti dipinti ad acquarello, dove i fiori rosei del mandorlo mettono una eterna primavera, le doppie mensole di bambù, le scatole di lacca per i gioielli e per i guanti, quei grandi pugnali ricurvi o piuttosto sciabolotti nascosti in una guaina di avorio scolpita delicatamente, i vasi, immensi, dove appaiono processioni di piccoli galantuomini, dell’Estremo Oriente, verdi, azzurri e rossi sovra un fondo glauco e i piccoli vasi di Sahzuma sul loro fondo appannato di oro.

— Ti piace, ti piace? — gli domandava, nella sua gentile frenesia.

Egli sorrideva, contento di averle dato una febbre così mite e così interessante, e felice di vederla felice, poiché egli l’amava più di quanto credesse.

— E il nome, il nome? — le diceva, seguendola in quella vivificazione dell’esotismo più leggiadro.

— Lo troveremo, — rispondeva Luisa Cima.

Lo trovarono insieme, questo nome. Nelle sere di estate, presso la terrazza carica di gelsomini odoranti, essi avevano