loro fragilità e tanto il loro criterio è solamente quello del lusso. I suoi divani erano coperti da stoffe ricamate a draghi e a vegetazioni incoerenti: le pareti erano tese di rasi dipinti dove la gru, l’animale fantastico e pur familiare ai paesi del Sol Levante, appariva dappertutto: le sue tavole, le sue scansie, le sue mensole, ogni ninnolo piccolo, come ogni grande bronzo, ogni candelabro come ogni fermacarte, era del carattere più autentico. Ella beveva del tè in una tazzina di porcellana squisita e scriveva sovra quella carta che sembra fatta di un tessuto che mai si frange. In quanto alla veste di crespo, Luisa Cima non portava che quella e nulla era più piacente che vedere fra le grandi maniche che sembrano ali, le braccia rotonde e bianche. Paolo Collemagno che, ad ogni ritorno, voleva un po’ più di bene alla sua amica, glielo diceva sempre: ella che anche lo amava, un pochino, lo udiva volentieri, ma purchè le parlasse del suo caro, del suo diletto Giappone. Pigliava per mano Paolo e, gravemente, lo conduceva ad ammirare tutti i para-