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Madame Héliotrope 157


appassionamento del Giappone, ella girava intorno a lui con tanta grazia di movenze, che egli non esitò un momento a giurarle che ella era la più graziosa creatura che fosse mai apparsa in uno dei sobborghi di Yeddo, in una festa di notte, coi lucidi capelli neri legati in ciocche larghe, attraversati da spilloni e farfalle, portando in mano sospesa a un bastone, una lanterna di carta. D’altronde, da vicino e da lontano, Paolo Collemagno aveva sempre avuto un debole per la sua amica d’infanzia, Luisa Cima.

— Paolo, Paolo, trovami subito un nome giapponese, — ella disse, tutta fremente della sua novella eccentricità.

— Te lo troverò, non dubitare, — egli disse, ridendo, pigliandole le piccole mani bianche che escivano dalle grandi maniche e baciandole,

Luisa Cima lo trovò da sé, il nome. In un paio di settimane, con quella facilità e quella felicità che dà la fortuna, ella aveva riempiuta la sua casa di tutti i mobili giapponesi, utili e inutili, di semplice ornamento, quasi tutti, tanto è la