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6 L'imperfetto amante


Stresa si accorse di tutto, certamente, giacchè mi guardò, stupefatto, con una meraviglia dolorosa negli occhi: mi salutò, di nuovo, e si allontanò lentamente. Lo sdegno mio non ebbe sfogo quella notte: e, man mano, si venne trasformando in un eccitamento di gioia, quasi convulso, che mi fece molto ridere, molto ballare e che mi fece anche cenare, io che non ceno mai, giacchè odio le donne che mangiano in pubblico. Vi erano delle piccole tavole, per quattro. Io era con Clara Lieti, e due cavalieri, briosi e insignificanti. Non avevo più riveduto Nino Stresa, nella notte, e avevo supposto che se ne fosse andato, e questo mi aveva fatto molto piacere, mentre mi arrovellavo di non avergli potuto dire una fredda impertinenza, in cambio della sua brutalità. A un tratto, lo vidi fermo presso la nostra piccola tavola:

— Non si fa l’elemosina all’affamato? — chiese.

Clara Lieti e i due nostri cavalieri gli dettero subito un po’ della loro cena, ridendo, mettendo tutto nello stesso piatto.