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Vicenzella 127


tram, Ciccillo, Ciccillo suo, accanto a una ragazza con lo scialletto nero e la frangetta bionda sulla fronte. E senza curarsi delle spighe che si abbruciavano, degli studenti che aspettavano, ella si mise a correre, dietro il tram, come una pazza, stringendo nella saccoccia il coltellino affilato con cui tagliava il polipo, la mattina. Ma il tram fuggiva: e i viandanti si fermavano a guardare questa popolana che lo inseguiva.

Quando arrivò alla piazza Vittoria, il tram era fermo, lasciando discendere i passeggieri.

Un giovanotto e una ragazza discesero; si tenevano per mano, andandosene per la grande via che la luna illuminava. Cauta, silenziosa, feroce, Vicenzella li seguiva: e spasimava, un vapor rosso la faceva delirare. Quelli andavano, lenti, stretti, come perduti d’amore. Ella non resse. Li raggiunse, li divise:

— Assassino, assassino! — urlò come una bestia ferita.

— Ebbene? — disse Ciccillo freddissimamente, — che c’è?