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Vicenzella 117


immergeva lo schidioncino nella pignatta, ne traeva un pezzo di polipo, tutto riccio e lo metteva sul piattello, aggiungendovi un pezzo di galletta, già molle, e una cucchiaiata di brodo rosso. L’avventore, in piedi, chiacchierando, mangiava con le mani il saporito e tenace frammento di polipo, poi accostava le labbra al piattello e sorbiva il brodo. La porzione semplice costava due soldi, la doppia quattro soldi. Vicenzella, misurava con equità la porzione, non si confondeva, non esitava: in un momento ebbe intorno due o tre muratori che lavoravano al Chiatamone, un ostricaro, un postiglione di tramvai: ella si sbrigava, assai seria, non dando retta alle parole di quelli che le facevano la corte, stringendosi nelle spalle, con un moto di superbia e di disprezzo, buttando i soldi nel taschino del grembiule. Quando venne Franceschella, la venditrice di acqua sulfurea, per avere due soldi di polipo, non ve n’era più.

— È finito adesso adesso, — disse Vicenzella, mostrando la pignatta dove solo un po’ di brodo restava.