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Mario Felice 105


tenza di morte. Altro non dissero. Pallido come un morente, egli aveva vinto. Ella si levò, senza guardare nè il roseo cielo, nè i fiori che parevano tante fiammelle rosee, in quel tramonto:

— Addio, Mario,

— Addio, Maria.

Ella se ne andò, senza raccogliere un fiore, senza voltarsi, sparì, lontano, verso la gran rotonda luminosa dove arrivava il rombo sordo della città. Mario Felice restò seduto sul banco, e le prime ombre della sera lo avvolsero, poi la notte discese e lo trovò ancora lì, immobile. Nella notte olezzavano più acutamente i dolci fiori dell’oleandro, pieni di un veleno sottile: qualcuno di essi si staccava dal ramo e cadeva al suolo. Per sempre desolato era il cuore di colui che aveva vinto: e le lagrime della suprema tristezza piovevano dai suoi occhi, nella notte.