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Mario Felice 101


giorno, con l’accanimento della madre che non vuol veder morire l’unico suo figliolo; e la appassionata donna, vibrante di una energia morale che nulla valeva a quietare, oppose una quotidiana resistenza alla parola morte, che ritornava sempre nei discorsi di Mario Felice. Ogni volta, ella fremeva di dolore e le sue guancie si facevan livide: egli, paziente, aspettava che quella emozione passasse, per ricominciare, come se vedesse soltanto il proprio scopo. Adesso quei colloqui nel profumato viale degli oleandri, fra quella esotica fioritura, le facevano terrore, ma vi andava, spinta da un istinto di lei più forte: e talvolta, in grazia, gli chiedeva di non parlare d’amore, tanto ella vedeva sorgere, dietro a quei discorsi, la tremenda parola della distruzione. Tranquillo, malgrado la sua tristezza, freddo nella impenetrabile sua malinconia, Mario Felice acconsentiva, ed allora, gli oleandri del viale, in quella tregua, udivano una assai bizzarra conversazione, trascendente, lontana da tutte le quotidiane cose umane.

— Mi basta udire la tua voce: — essa