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80 | la settimana delle novelle |
Era una staffetta: un soldato pallido e grondante sudore. Chiese del colonnello, del maggiore, di un capo: non aveva che due parole da dirgli. Il maggiore alto e biondo, il colosseo affettuoso e fiero, accorse: la staffetta si rizzò, gli parlò all’orecchio. Il maggiore restò imperterrito, assentì col capo: la staffetta ripartì, precipitosamente. Il maggiore salì sul terrazzino interno che dava sul cortile, fece suonare la tromba, due volte:
— Soldati — disse, con voce tonante — abbiamo innanzi a noi Garibaldi, alle spalle arriva Vittorio Emanuele. Facciamo il nostro dovere. Viva Francesco II!
— Viva — disse qualche voce.
E lentamente si misero in tenuta di partire. Andavano fiacchi, lenti, molli, attaccandosi la giberna, visitando i fucili: e il maggior loro dolore, per quei mercenari brutali, era di non poter banchettare, di non poter mangiare gli gnocchi che le povere serve facevano in cucina. Gli ufficiali andavano, venivano, gridavano: ma inutilmente.