trovava una medicina miracolosa che la salvava, e
sposava il medico; quella che era presa dalla meningite, faceva una cura
violenta di chinino e si guariva; quella che per un amor tradito era
ridotta all’ultima disperazione ed al desiderio della morte, si
consolava senza una ragione al mondo, borghesemente. Qualcuna poi, come
nelle prime novelle, scompariva improvvisamente e non se ne aveva più
notizia. Così un intiero e spasimante dramma psicologico si risolveva in
un matrimonio ed in una scampagnata. Così tutta l’opera d’arte era
guastata, rovinata da quella fine illogica, assurda, borghese. Così quel
tratto finale in cui tutta la valentìa dell’artista era perduta, perdeva
il libro. Fu detto di lui che era debole, che il suo ingegno aveva dei
lucidi intervalli, con alternative di tenebra. Fu detto di lui che
sapeva cominciare i suoi libri, ma non finirli. La leggenda rimase. E la
reputazione di romanziere di Paolo Spada si smarrì fra le infinite
mediocrità che affliggono l’arte.