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paolo spada | 47 |
Fu invece un racconto di cent’ottanta pagine, interessante, acuto, scritto con una profonda coscienza di novelliere. Mai s’era vista unita tanta intensità e tanta leggiadria. Era un’opera pensata, ma fresca. Verso il penultimo capitolo tutte queste qualità si perdevano miseramente, svanivano. Regnava l’impaccio di un principiante che non sa come liberarsi; nell’ultimo capitolo la protagonista doveva assolutamente morire: invece, non si sa come, non si sa perchè, non moriva, stava bene e si sposava un personaggio qualunque. Era una volgarità indegna di un artista. Dopo molte lodi al principio del racconto, tutti biasimarono vivamente la fine.
Ma dopo fu sempre così nei romanzi di Paolo Spada: le sue protagoniste belle, buone, cattive, umane, simpatiche durante tutto il romanzo, alla fine diventavano triviali e ridicole. Colei che si suicidava, non sapeva suicidarsi abbastanza bene per morirne; quella che era distrutta da una tisi al terzo grado,