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ritratto di donna 317


erano neri, di un nero senza lucido, appannato, di carbone: capelli arruffati che gonfiavano nelle treccie, che piovevano sulla fronte. Invano il principe chiedeva ogni due giorni alla principessa che dominasse, che regolasse un poco quell’arruffio di capelli sulla fronte. La principessa, che adorava il bellissimo e stupido principe, cercava di moderare la propria selvaggia capigliatura, ma non ci riusciva. Pure quel disordine era seducentissimo, mettendo contorni irregolari intorno a quella testa, e lasciando cadere ombre singolari su quel volto.

La principessa era bruna, molto bruna nella faccia, nel volto, nelle spalle, nelle braccia. Lo sapeva e non si scollacciava mai negli abiti azzurri, verdi o violetti. Portava gli abiti montanti in raso bianco-latte, o in raso giallino, ora col lungo ed alto colletto alla Medici, ora con certe immense cravatte di merletto che la immergevano in una nuvola di trine. Ma una sera, per far dispetto a certe