lità, ed egli potè metter fuori il lavoro utile, le idee nuove che s’erano chiuse come fiori al caldo della sua fantasia. Tutto consisteva nel dare una parte d’anima ai giocattoli, nell’imprimer loro un soffio di vita: fu lui che inventò la bambola, la quale, coricata, chiude gli occhietti, quella che dice papà, mammà, quella che saluta col capo, quella che nuota come una ranocchia. Subito il direttore della fabbrica gli assegnò una stanzetta solitaria, dove potesse lavorare tranquillamente ai modelli che gli altri operai dovevano riprodurre. Da quella stanzetta uscivano tutte le piccole meraviglie che sono la consolazione dell’infanzia. Il sorcio volante che si precipita per due trampoli di legno; il ginnasta che sale per una scaletta con l’agilità di uno scoiattolo e si slancia dall’altra parte, per ricominciare ogni momento il suo gioco; il coniglio accovacciato che suona il timpano, abbassa la testa e si frega il muso con le bacchette; il violinista vestito da marquis, in raso ed oro,