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272 sconosciuto


dilatava precipitosamente sotto l’urto del sangue. Ho baciato il mio fazzoletto. Egli m’ha visto e un pallore di trionfo ha scomposto il suo volto. Nelle scale mi ha aspettato, gli sono passata daccanto, ha osato stringere la mia mano nuda, ha rubato il mio guanto. Ha passata la notte sotto la mia finestra: io, alla finestra. Nevicava; non sentivamo il freddo. Da allora questa mia vita è diventata una tempesta di desiderii, di sconfitte, di dolori acuti, di gioie morenti: quando non lo vedo, va lentissima l’ora nell’intensa brama del rivederlo. Quando ci vediamo, restiamo l’uno di fronte all’altro, smorti, col cuore in tumulto, le mani brucianti, la voce strangolata: questo è l’impeto dell’amore che ci fa impazzire. Le sue lettere sono brevi, a frasi nette come un colpo di coltello, scritte a frasi dove vi è il sangue della vita, dove vi è l’eccitazione dei nervi, dove vi è lo scoppio furibondo di un amore supremo. Io l’amo come egli m’ama. Ambedue siamo torturati dall’amore, ambedue soffriamo