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260 | primo giorno |
severa, rigida per Luciano, egli non ne soffriva: l’amava, sentiva di essere amato, doveva essere amato.
Era un martedì notte, in un ballo. Vedendosi, di lontano, provarono la medesima sensazione: che l’ora era giunta. Lui si accostò quasi per interrogarla, levandole gli occhi in viso. Lei non chinò i suoi e tranquillamente ad alta voce gli disse:
— Domenica, da me. Alle due.
Un inchino, un saluto; più altro.
Quattro giorni fra il martedì e la domenica, quattro giorni lunghi, eterni, febbrili, deliranti, in cui ad ogni minuto la duchessa Emma si pentiva di quel convegno, decideva di fuggire, si vestiva, poi ristava indebolita, vinta, incapace di rinunciare all’amore. Quando vide partire suo marito per Nizza — una fatalità —