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al veglione 219


sua ultima, solenne, grandiosa speranza. Era la preghiera: in lui si riassumeva tutta la sua vita. Non vide la via, non avvertì il tempo trascorso. Si trovò innanzi all’atrio senza sapere come. Scendendo di carrozza, sulla soglia, un dominò la complimentò brutalmente sulla bellezza del piedino. Ella tirò innanzi rapidamente, non trovando il corridoio buono che la menasse al suo palco, smarrita, mordendosi le labbra sotto il sussulto nervoso.

— Pazienza, egli verrà.

Quando arrivò al suo palco era la una, l’ora dell’appuntamento. Lei si mise a guardare attentamente nella platea, dove si agitava una folla nera e urlante, variegata di costumi vivaci e di dominò chiari. Ballavano, saltavano, con le braccia in aria, le gambe di qua e di là, come burattini chiassosi e fracassoni. Una nebbia rossastra saliva al soffitto del teatro; non si distinguevano molto le faccie. Lei fissava i suoi occhi acuti attraverso