mosi e le labbra scottate. Lui no, perchè era avvezzo all’umido dei pantani dove andava a caccia. I genitori di lui proibivano il matrimonio; solito dramma in moltissimi atti, di dolore. Alfonsina raccontava i suoi dispiaceri alla frivolità, poichè quando ci lavorava, muoveva lievemente le labbra.
Giovannino bestemmiava coi villani. Malgrado le proibizioni, si vedevano in chiesa, alla passeggiata, al teatrino, in certe riunioni di famiglia, in cui pietosi amici offrono un terreno neutro agli innamorati infelici.
Anzi, nell’estate, si vedevano per quindici giorni di seguito, nel castello baronale; era la loro luce, la loro felicità quella quindicina.
Giovanni sfoggiava cravatte incomprensibili, polsini abbaglianti, un costume da caccia nuovo; Alfonsina lasciava cadere sulle spalle le sue grosse treccie castane, che erano la sua sola seduzione e si faceva piccina, debole, più smorta ancora, piena di brividi, perchè quel giovanottone fosse lusingato nella sua parte d’innamorato