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gaggie. Hanno un profumo squisito nella biancheria.

Si pose a sfogliare le rose, lasciandone cadere i petali nella cassa, come una pioggia delicata; buttò via gli steli nudi e verdi. Poi sfogliò i gelsomini che le cadevano fra le dita, lievi ed olezzanti. Rimase a guardare l’opera sua, tutta sorridente. Zia Angiolina crollava il capo con la sua grand’aria sentimentale. Che faceva il ventaglio nero, laggiù, nell’oscurità? Si era chiuso, con una discesa secca come una risata sardonica. Cecilia, quasi fosse stata sorpresa in una contemplazione poetica e puerile, arrossì. Stette immobile, lo sguardo vagante, distratta, cercando qualche cosa da fare o da dire. Poi si dette di nuovo all’opera sua.

— Cesare, Cecilia, non vanno bene insieme? — mormorava.

— Vi è una fatalità nei nomi — rispose gravemente la zia.

— Ancor questa fatalità. La mettete dap-