Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
90 | fantasia |
IV.
Caterina Lieti entrò, piccina piccina nella sua pelliccia, col visetto rosato sotto il berretto di lontra, le mani finemente inguantate di nero.
— Andiamo, dunque, Lucia! È già tardi.
— No, cara: dai miei poveri non si va che alle quattro. Sono appena le due.
— Andiamo altrove.
— ... Dove?
— In un posto dove ci divertiremo.
— Io non vengo, io non ho voglia di divertirmi, io ho voglia di piangere.
— E perchè?
— Non so... mi sento infelice.
— O povera, povera! Senti, sarà meglio che tu venga, cercherai di distrarti, forse ti distrarrai. A star sempre chiusa in questa stanza, in questa penombra, con quest’aria profumata, ti farà male alla salute.
— La mia salute è distrutta, Caterina — disse l’altra con accento di sconforto. — Ogni giorno dimagro di più.
— Perchè non mangi, cara. Tu devi mangiare. Anche Andrea lo dice.
— Che dice Andrea? — chiese Lucia, con la sua smorfia di noncuranza che dispiaceva tanto a Caterina.