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parte seconda 89

musica, assorbita, senza voce. Teneva sul pianoforte musica tedesca specialmente; più specialmente quella sacra di Bach e di Haydn. L’Aìda era sempre spalancata sul leggìo.

Poi, il telaio da ricamo, una stola per la chiesa della Madonna, la sua Madonna, quella dei sette Dolori. Accanto, il tavolino da lavoro, minuscolo, su cui una stella di frivolità incominciata, una tela inutile di ragno. Poi le seggiole, le poltroncine, i pouffs, tutti di colori diversi, di stile differente, poichè ella odiava la regolarità. Sul muro, in una cornice di raso bianco, la medaglia d’oro avuta in collegio nell’esame di letteratura: sotto, il primo saggio di calligrafia, puerile. Infine, uno scaffale di libri, pochissimi scolastici, consumati, qualche romanzo, le Vite dei santi. E in ultimo, incollata sopra un quadro di velluto, una grande rosa thea macchiettata di rosso come se fossero stille di sangue: la Rosa Mystica.

Quando aveva finito, Lucia gettava via lo strofinaccio, si spazzolava, si lavava le mani, beveva qualche goccia di melissa diffusa nell’acqua, per sciacquarsi la gola dalla polvere, rientrava nel salotto, si stendeva sul divano, e lasciava che tutte le fantasie venissero a lei.