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parte seconda | 85 |
Se ne andava nel salotto. Era quella la stanza della sua vita, dove più si compiaceva di stare. Si fermava prima alla scrivania, tutta nera, in palissandro, a cinque cassetti larghi e profondi. La sua immaginazione gliela faceva sembrare una bara. Essa puliva con delicatezza il calamaio d’argento ossidato, che rappresentava una barchetta sommersa in un laghetto d’inchiostro. Passava il fazzoletto sul portaritratti di acciaio niellato, a porticine, chiuso ermeticamente, perchè non si vedesse mai quale ritratto vi fosse nascosto. In verità non vi era nulla dentro; ma quella carta bianca, quel vuoto che solo ella conosceva, la faceva pensare all’amante sconosciuto, al mistico cavaliere del San-Graal, al biondo Lohengrin che Elsa non seppe amare, ma che ella avrebbe saputo trattenere. Con leggerezza soffiava sull’idoletto egiziano di creta azzurra, a cui era attaccata una collanina di frammenti azzurri: era una mummietta che si reggeva in piedi, statuina-ritratto di un Cheope qualunque. Serviva di augurio, poiché questi ricordi egiziani combattono le fatalità. Lucia toccava con rispetto la Bibbia legata in marocchino nero, sulla cui prima pagina essa aveva scritto certe date memorabili della sua vita, con un segno misterioso accanto per indicare a che si riferissero. Toccava con rispetto la piccola edizioncina diamante del Leopardi, legata in cuoio rosso, su cui a lettere d’argento, di traverso, era scritto: Lucia. Essa li leggeva ogni giorno quei libri e baciava piamente la Bibbia come il Leopardi. La penna di avorio dalla puntina d’oro, la stecca in legno di sandal su cui era scolpita la pa-