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parte seconda 81


A Lucia Altimare l’aspetto freddo, rigido, quasi monacale della sua camera, faceva ritornare in mente il suo sogno di diventar monaca, di ammalarsi nel misticismo come santa Teresa, di morire nella follìa della croce come santa Teresa. La camera non aveva tappeto e i mattoni lucidi avevano qualche cosa di glaciale. Il letto, di cui Lucia Altimare strofinava a lungo i bastoni di ferro ricurvo, era senza cortine, con una semplice coperta di dobletto bianco, un solo cuscino magro e piccolo: il letticciuolo di una vergine ascetica. Accanto al letto, avvolta in una cornice di velo crespo nero annodata in un angolo, era una Madonna bizantina col bambino, dipinta sul legno, il fondo d’oro, la veste d’indaco, il manto rosso, gli occhi stranamente aperti, le mani che stringevano il bambino Gesù: pittura balbettante: il primo alfabeto dell’arte. Prima di pulirla, Lucia la baciava, e il crespo di lutto la faceva fantasiare di sua. madre che aveva appena conosciuta e da cui aveva ereditato quella Madonna. Spesso sulla mano sottile e diafana della Vergine, dipinta nel color della cera, ella cercava con le labbra le tracce dei baci materni.

Sotto la Madonna, accanto al letto, era un inginocchiatoio di legno, scolpito alla foggia medioevale. Lucia lo aveva comperato da un rigattiere. Dallo scudo di legno era raschiato l’arme di famiglia — e Lucia, invece di farvi scolpire le alte onde in tempesta e la stella polare sul cielo sereno di casa Altimare, vi aveva fatto incidere il teschio e il motto Nihil, che aveva adottato per sua divisa. Per pulirlo, s’inginocchiava