Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
parte seconda | 75 |
fulgido di brillanti e nei capelli un piumino di brillanti che tremolavano, le parlava, inchinandosi, premurosa, mentre Lucia pareva fosse lontana con lo spirito.
— Sono venuta per forza, sai — diceva Lucia, con la sua voce strascicata, quasi le pesassero le parole — sapevo di trovarti. Poi mio padre ci si diverte, lui. È giovane, balla. Perchè non hai risposto alla mia ultima lettera?
— Dovevo venire.... e, capisci....
— Spero che tu non faccia leggere le mie lettere a tuo marito — soggiunse l’altra, con una lieve smorfia di sdegno.
Caterina arrossì accennando di no.
— È un buon giovane tuo marito — concesse Lucia, con tono indulgente. — Ti conviene, credo. Sei bella questa sera. Hai troppi gioielli.
— Sono un dono di Andrea — e respirò, orgogliosa.
— Io odio i gioielli. Non ne avrò mai.
— Se ti mariti, Lucia....
— Maritarmi? Sai quello che ti ho scritto.
— Eppure, senti, quel Galimberti che ti va dietro dappertutto, che ti ammira da lontano, che ti ama senza osare di dirtelo mi fa pena.
— Ahimè! io non ci ho colpa, Caterina.
— Sai, forse è povero, forse soffre in queste case ricche dove ti segue. Tu sei buona, risparmialo. Mi pare turbato molto.
— Che vuoi? egli è, come me, una vittima della fatalità.
— Quale fatalità?