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parte seconda 63

Ma perchè profuma tanto le sue lettere? Ti raccomando questo caffè, Caterina; dev’essere bello.

— Lucia è malaticcia e infelice. Fa compassione. Tu credi che cinque cucchiaini di polvere basteranno?

— Mettine sei. Capisco; se vuoi, avrò compassione. Ma non leggere ancora la sua lettera; è lunghissima, a giudicare dal peso. Fammi prima il caffè. Se no, dico che tu vuoi più bene a Lucia che a me — mormorò Andrea nella tenerezza vaga della digestione.

— La leggerò dopo.

Egli, disteso nella poltroncina, col capo arrovesciato, respirando lentamente e beatamente, con la cravatta allargata intorno al collo, le mani abbandonate sulla tovaglia, la guardava fare il caffè. Ella, tutta arrossita nella attenzione, cogli occhi chinati, col gesto cauto, sorvegliava il bollore, stando a sentire se il fischietto della macchinetta avvisasse del momento della cottura. Era una figura tranquilla e svelta, che non si affaccendava troppo, che non si moveva molto: presa dalla sua occupazione, vi si dedicava tutta quanta.

— È fatto — disse a un certo punto.

— Andiamo a prenderlo nel salotto — disse lui. — In premio ti farò leggere la lettera del mio rivale.

Nel salotto, dove ritornarono, un fuoco gaio di legna era acceso nel caminetto; un seggiolone profondo, di pelle nera, vi era accanto. Andrea vi si distese con un sospiro di sollievo.

— Se non fosse la caccia, ingrasserei troppo — mormorò. — Non rimetterti a cucire, Caterina, siedi qui e discorri meco. Ballavate in collegio?