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62 | fantasia |
— Di’ la verità, sei tu che ne vuoi ancora?
— Me ne vergogno, ma dico di sì. Dunque tu vuoi andare a Napoli?
— E tu?
— Io anche. Qui niente caccia. Questi vicini sono noiosi. Laggiù ci aspettano. A proposito, chiama Checchina e dille che nella mia giacca da caccia vi è una lettera per te, che ho trovata alla posta di Caserta.
— Chi scrive? — disse lei, trasalendo.
— Quegli che ti manda le lunghe lettere, con un caratterino sottile, sopra la carta velina! quegli che ha per suggello un teschio e il motto Nihil: quegli che profuma così fortemente d’ambra la sua carta, da appestare la mia tasca. Eccoti una pera mondata, Ninì. È il tuo innamorato che ti scrive.
— È Lucia Altimare, nevvero?
— Già — fece lui, distendendosi, con un sospiro di soddisfazione, come chi ha ben mangiato — la signorina Lucia Altimare, creatura magra, vaporosa, pungente ai gomiti, posatrice per eccellenza.
— Andrea!
— Vuoi dire che non è posatrice? Quanto sei indulgente, Ninì! Che è questo sotto la tavola, Ninì? il tuo piede? Spero di non avertelo schiacciato. Ma la tua amica mi è antipatica, per quella sola volta che l’ho vista.
— Me ne dispiace, Andrea. Vorrei che, rivedendola, ti ricredessi.
— Se te ne duole tanto, speriamo che io mi ricreda.