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parte prima | 47 |
mente gli scalini: poi scordò la cifra e le pareva di scendere infinitamente, una scala interminabile. Non capì se voltavano a destra o a sinistra, avendo perduto il senso della topografia. Come un agnello ubbidiente, si lasciava condurre.
— Vieni, vieni, vieni — mormorava ancora la voce di Lucia, incoraggiante.
D’un tratto si arrestarono dinanzi a una porta. Lucia abbandonò la mano di Caterina e ficcò una chiave nel buco della serratura: con un lieve stridìo, la porta si aperse. Un buffo di aria fresca colpì le due fanciulle; un piccolo chiarore, una luce diffusa apparve loro. Dinanzi alla immagine della Vergine una lampada ardeva. Erano nella cappella.
Tranquillamente Lucia s’inchinò davanti all’altare e accese alla lampada due candelabri. Poi voltasi a Caterina che respirava, tutta stordita, nella luce, le disse ancora una volta:
— Vieni.
Si avanzarono verso l’altare. In quella chiesetta imbiancata di calce, con due alte finestre aperte verso la campagna, una umidità piacevole temperava la caldura della notte d’agosto. Rimaneva ancora nell’aria un lievissimo odore d’incenso. La chiesa era tutta placida, tutta raccolta, i candelabri al posto, i ceri smoccolati, il Sacramento chiuso nel ciborio, la tovaglia rialzata per non farla sciupare. Ma una frasca d’argento, a ovolo, tutta intagliata, dietro cui Lucia aveva acceso un candelabro, proiettava sul muro un profilo mostruoso di animale pensieroso. Caterina stava lì come