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44 | fantasia |
Qualche faccia si rialzò, tutta bagnata di lagrime.
— Non piangete. All’età vostra non si piange. Verrà il tempo: tardi, molto tardi, è il mio desiderio. Oggi, staccandovi da questo educandato, dove è tanta parte di voi, provate un dolore insopportabile. Domani una gioia verrà a cancellare questo dolore. Di questa alternativa è fatta la vita. Essa non sarà dura, se vi porterete la fede e il coraggio. Io v’insegnai quello che sapevo, cercando farvi ritrarre dai casi degli uomini la guida delle vostre azioni. Perchè mi ringraziate? Ho fatto poco. O se volete ringraziarmi, vi prego, fatelo in questa sola maniera: siate buone, siatelo umanamente, femminilmente. Ricordatevi di chi vi disse queste parole, ricordatevi....
Ora a lui la voce moriva nella gola e tremavano le mani. Le fanciulle si erano di nuovo buttate giù a piangere, riprese da una crisi. Egli stette un momento immobile, ritto sulla cattedra, a guardare quelle teste chine, quelle facce immerse nei fazzoletti, quei corpi convulsi, poi scese pian piano, scrisse sulla lavagna, col gesso, una sola parola, e se ne andò silenziosamente, chinando il capo innanzi a Friscia.
Sulla bruna lavagna, a grossi caratteri incerti, si leggeva: «Addio».
A capo del dormitorio, una sola vacillante fiammella di gas: si allineavano i bianchi lettini ove le tricolori passavano l’ultima notte di collegio. Sino a tardi erano durati i piccoli dialoghi, interrotti da sospiri, da riflessioni malinconiche, da rimpianti. Avrebbero voluto ve-