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pella per la preghiera della sera. Andavano, senza guardarsi, senza parlarsi, come assalite da un fastidio profondo che le isolasse. Andavano due a due, ma senza tenersi a braccetto: due si tenevano per mano, ma con una stretta molle, come per lasciarsi. Alle spalle loro Napoli si stellava di lumi: esse entravano nella pace raccolta del Collegio, nè si voltavano indietro. L’oppressione di quella lunga ora occidentale affannava i loro petti, e in quell’andare alla cappella, senza un bisbiglio, senza un sorriso, ci era qualche cosa di funebre. Il balcone, richiuso in fretta da Cherubina Friscia che veniva l’ultima, stridette nel suo paletto rugginoso, come un riso d’ironia.

V.

Era l’ultima lezione. Moriva l’agosto, finivano le lezioni. Tutte le fanciulle, dopo le vacanze di settembre e ottobre, sarebbero rientrate pel san Carlo. Ma le tricolori, quasi tutte diciottenni, compiti gli studi, uscivano nel settembre per non rientrare più. Quel giorno, alle due del pomeriggio, assistevano all’ultima lezione di storia, l’ultima fra le ultime. Dopo di quella il corso degli studi era assolutamente finito.

Così vi erano in tutte quelle fanciulle e nella stanza e nell’ambiente tante cose insolite. Per questo i capelli biondi e ricci di Carolina Pentasuglia erano pettinati