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parte prima 35


— È volontà di mia zia che io sposi Andrea Lieti.

— Ubbidirai?

— Sì.

— Senza rammarico?

— Senza rammarico.

— O povera, povera! Questo Andrea ti ama?

— Credo.

— Tu l’ami?

— Mi sembra.

— L’amore è un dolore, il matrimonio è un’abominazione, Caterina.

— Spero di no — rispose l’altra, chinando il capo e congiungendo le mani.

— Io non mi mariterò giammai. No, giammai — soggiunse Lucia, rizzando il capo e guardando il cielo alta e diritta nella sua superbia mistica.


Cresceva il crepuscolo violetto. Le educande s’erano fermate, sempre in gruppi, presso il parapetto, guardando certe finestre che si accendevano ancora di raggi, guardando il mare lontano che diventava di grigio-ferro, guardando i rondoni che filavano come frecce sui tetti, con quello stridìo acuto che pare la loro preghiera della sera.

Giovanna Casacalenda confessava a Maria Vitali che quell’ora le faceva venire il desiderio di morire, morire d’un colpo solo: che poi la imbalsamassero, la vestissero di un abito di raso bianco, le sciogliessero i lunghi capelli sotto un serto di rose, e che fra cento anni un poeta s’innamorasse di lei. Artemisia Minichini aveva