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378 | fantasia |
— Tutto, signorina mia. Come mi avete detto di fare, così ho fatto. La stanza della signora donna Lucia sta tale e quale. Volete vederla?
— Vediamola.
Matteo col lume, lei dietro, visitarono quella stanza: ella si trattenne sulla soglia, provando di nuovo quella sensazione di freddo.
— Ogni mattina apro e ci faccio entrare il sole. Carmela spazza, io spolvero. Vedete, vedete, signorina, che polvere non ce n’è. Ditelo al signore.
— Sì, glielo dirò. Chiudete la camera, Matteo. Andiamo nella mia.
Vi andarono: lì dentro ella si mise a battere i denti.
— Accendiamo il fuoco anche qui, signorina?
— Sì, accendetelo: ci vuole anche un altro lume. Smise la sua pelliccia e la buttò sul letto. La camera era piena di ombre, che non diradava la scarsa luce della lampada a beccuccio, che usano i contadini. Matteo ritornò con un lume più grande.
Ella si era seduta sul sofà. Matteo rimaneva ritto innanzi a lei, come se dovesse farle un rapporto.
— Dunque ci sono novità? — chiese Caterina comprendendo che Matteo voleva essere interrogato.
— Ci sta che una settimana fa venne un grande vento, e per la dimenticanza di Carmela che aveva lasciato le finestre aperte, si ruppero quattro vetri nella stanza da pranzo.
— Li avete fatti rimettere?
— Sicuramente.
— Li porterete a conto.