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372 fantasia


— Capisco. Credo che vi sia una forchetta coi rebbi storti.

— Sì, signorina.

— Va bene; potete andare. Oggi ci è da stirare, mi sembra.

Giulietta se ne andò, tutta consolata. Poichè la signorina aveva il tempo e la voglia di occuparsi così minutamente della casa, è segno che si era già persuasa della disgrazia. E quando gli uomini sono birboni, perchè prendersi tanta collera? Il signore, prima, era buono, poi si era fatto tutt’altro. Giulietta, innanzi a un grande tavolone dove aveva ammucchiata la biancheria, prendeva col cavo della mano dell’acqua, da una scodella e la spruzzava sui panni di bucato. Accanto a lei passò lentamente Caterina, si fermò un istante.

— Badate ai petti delle camicie, Giulietta. La settimana scorsa due erano abbronzati.

— Dipende che feci troppo riscaldare il ferro. Oggi starò attenta.

Caterina entrò in cucina. Monzù, che chiacchierava vivamente con Gaspare il servitore, si tacque. Ella girò intorno il suo sguardo freddo e indagatore, lo sguardo della padrona severa, ma giusta.

Monzù, raccomandate al garzone di far arrivare l’acqua negli angoli, quando lava. Pulire solo in mezzo non serve a nulla.

— Gliel’ho detto tante volte a quel garzone, ma signora mia, è uno scansafatiche. Quando viene oggi, lo sgriderò.

— I conti sono in regola, Monzù?