Pagina:Serao - Fantasia, Torino, Casanova, 1892.djvu/377


parte quinta 369

e vi scrisse, con la sua calligrafia rotonda e chiara, il titolo dell’affare, la data, il nome. Non le tremava la mano, scrivendo, e quando ebbe finita questa lunga faccenda, ripulì la penna sul nettapenne e abbassò il coperchio del calamaio. Ma in fondo al grande cassetto trovò un altro fascio di carte: erano i capitoli matrimoniali, dieci fogli di carta bollata: li lesse tutti, ma li ripose al loro posto, senza scrivervi nulla sopra.

Chiuse i cassetti e riunì la chiave al mazzo delle altre, che serbava in tasca.

— È mezzogiorno — disse Giulietta. — Volete fare colazione o vi volete consumare così?

Ella osava, con la padrona, quell’affettuosa e brusca famigliarità che hanno i servi napoletani, quando vi è una sventura in casa.

— Portami un’altra tazza di caffè.

— Almeno bagnateci una pagnottina dentro. Digiuna non ci potete stare.

Caterina si era seduta sulla poltrona, aspettando che Giulietta le portasse il caffè. Stava così, senza pensare, contando le rose del tappeto, osservando che piegavano una a destra e una a sinistra, cosa a cui non aveva mai badato. Prese l’altro caffè, poi andò a sedersi alla sua scrivanietta, dove conservava tutte le proprie lettere. Queste erano già classificate, per quella costante abitudine di ordine, che l’accompagnava in tutte le sue cose. Ve ne erano di sua zia, di Giuditta, delle sue maestre, di Andrea. Il pacchetto più grosso era quello su cui stava scritto: Lucia. Questo pacchetto era profumato di ambra; ella lo disciolse — e una