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parte quinta | 363 |
telligenza si era aperta alla lezione violenta e selvaggia, applicata come una martellata. Si sentiva un’altra donna, fatta più grande, più solida, col giudizio acuto e freddo, con l’occhio indagatore e la coscienza implacabile. Non trovava più in sè nè indulgenza, nè pietà, nè illusione, nè bontà, ma trovava una giustizia inflessibile che esaminava persone, cose, avvenimenti.
Ora intendeva tutto. La personalità di Lucia invadeva la vita intorno: Lucia protagonista, Lucia sovrana. Questa personalità saliva all’orizzonte, profilandosi nettamente, in un contorno rilevato, come scolpito, senza sfumature, senza nebulosità, senza illusioni ottiche, crudele nella sua verità. Invano Caterina chiudeva gli occhi abbarbagliati, per non vedere questa verità: la verità le filtrava attraverso le palpebre, come un raggio di sole. Questa figura così grande e così sviluppata attirava a sè tutte le altre, le affascinava, le seduceva, se le pigliava, se le incorporava — e giù, nel basso, non restavano che certe ombre piccole e dolenti, che si agitavano, facendo gesti vaghi e disperati, in una nebbia bigia. Lucia sovraneggiava, bella e feroce, senza chinare gli occhi su quelli che si torcevano le braccia, senza ascoltarne i gemiti, gli occhi socchiusi per non vedere, le orecchie insensibili: contemplando sè, adorando sè, idoleggiando sè.
Era dunque una creatura mostruosa, uno spirito guasto dall’infanzia, un egoismo che si gonfiava, si gonfiava, e assumeva la faccia bella e crudele della fantasia. Al fondo, il cuore freddo e arido, senza un palpito di entusiasmo, per nulla: e alla superficie una