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parte quinta | 361 |
mente stanco, così allegro, che ella non gli parlava di quelle ore solitarie. Se si dividevano per otto o dieci giorni, ella gli scriveva ogni giorno, ma brevemente, sugli andamenti della casa, su chi era venuto. Ella non sapeva far fiorire le sue lettere: cominciava caro Andrea e finiva, la tua affezionatissima moglie, Caterina. Internamente ella si doleva un poco di questa sua timidità e pensava talvolta di essere molto stupida. Già quel povero Galimberti glielo aveva detto, una volta:
— Spaccapietra, voi mancate assolutamente di fantasia.
Allora ella, per rincorarsi, pensava che Andrea doveva intenderlo quanto essa gli volesse bene, da tutte le azioni della sua vita, senza che ella glielo dicesse. Per fortuna, Andrea era un carattere aperto, franco, non gli piacevano le smorfie, non si sdilinquiva in frasi, sapeva amare robustamente, senza chiedere ogni momento alla moglie, nella luna di miele:
— Mi vuoi bene?
Tanto, ella non sapeva rispondere che questo:
— Sì.
Di nuovo veniva in campo Lucia, più bella, più nervosa, più sofferente, più fantastica. Si trovavano di fronte, nella sua vita, Lucia e Andrea. Oh si ricordava, si ricordava quanto aveva sofferto tacitamente per il dissidio profondo, per l’antipatia reciproca, che esisteva fra questi due esseri che amava. Il suo cuore era combattuto, in una segreta battaglia, fra l’amore per Andrea che trovava odiosa Lucia, e l’amore per Lucia che disprezzava Andrea. Ella non osava convincere nè