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parte quinta | 357 |
nata, in una capricciosa fantasia, o per averla difesa contro la maestra, o per averle fatti i compiti di aritmetica, troppo gravi per la testolina poetica di Lucia. Lucia piangeva, si disperava, cadeva in deliquio, quando Caterina era punita per colpa sua; e Caterina finiva per consolarla, per dirle che non era nulla, per pregarla di smettere, che lei in castigo ci andava volentieri. In verità, Lucia era una creatura profondamente affettuosa, espansiva sino all’entusiasmo, i cui baci avevano qualche cosa di frenetico, che offriva sempre il proprio sacrificio all’amicizia: Caterina, che non trovava parole per esprimersi, il cui affetto era tranquillo e muto, che non poteva entusiasmarsi mai e che non era mai svenuta, si vergognava talvolta di amar poco. In tutto, Lucia la superava.
Così erano passate di classe in classe, Caterina sempre fra le mediocri, prendendo qualche medaglia di bronzo, qualche menzione onorevole, non suonando mai alle premiazioni, alunna incolore, apprezzata poco dai professori, ma non trattata male. Non aveva neppure nulla d’interessante nel carattere, come Artemisia Minichini, che era insolente e scettica, come Giovanna Casacalenda, che era civetta e provocante: la direttrice non la sorvegliava neppure. Il maggiore suo pregio era l’amicizia per Lucia. Non la si conosceva per altro. — Dov’è Altimare? — Spaccapietra, dicci dov’è Altimare. — Come sta Altimare? — Spaccapietra, tu devi sapere come sta Altimare.
Invece Lucia faceva ogni anno un esame brillantissimo, prendeva la medaglia d’oro per la composizione,