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parte quinta | 353 |
— No — disse Caterina, rizzandosi in piedi — essi non ritorneranno mai più.
E preso l’anello suo se ne andò, mentre Alberto vaneggiava ancora.
— ... almeno avesse mentito un po’ di più, almeno avesse aspettata la mia morte! Non doveva aspettare tanto, la sciagurata...
IV.
Nella notte, nella sua camera oscura, seduta accanto al letto, Caterina pensava. Era rientrata in casa, senza parlare a nessuno: nessuno le aveva detto nulla, poichè tutti sapevano. La casa era in ordine, composta, fredda e silenziosa: sul tavolino era ancora il biglietto che ella aveva scritto a suo marito, per scusarsi di escire sola.
Lo lacerò e gettò i pezzettini nello stracciacarte. Giulietta che la seguiva a passi lenti, cercando sempre di dirle qualche parola di consolazione, fu licenziata da lei come ogni sera, con un saluto breve. La cameriera disse al cuoco e al cocchiere che la signora non aveva versato una lagrima, ma che aveva una faccia brutta assai. In fondo la compativano, ma era una cosa preveduta, tutti loro lo sapevano, da Centurano: bisognava essere ciechi per non averlo visto. Poi il conciliabolo si disciolse, e un profondo silenzio avvolse la casa.