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parte quinta | 343 |
lo vedevano gli altri, quanto ella mi volesse bene. Come ha potuto farmi questo?
Egli si lamentava a bassa voce, risparmiando il fiato, non rivolgendosi a Caterina, lagnandosi alla stanza, al letto, alle cortine.
— Anche stamattina mi ha baciato, tre volte. Io doveva capirlo che ella se ne andava, non dovevo lasciarla escire.
Una tossettina agra gli raspò la gola.
— Datemi, datemi un pezzetto di neve.
Ella gli porse la scodella: Alberto, senza guardare, si mise un pezzetto di neve in bocca e tacque, ripigliando fiato.
— Vi ha scritto lei? — domandò poi.
Caterina cavò di tasca la lettera e gliela porse.
Alberto l’alzò all’altezza degli occhi e lesse, ansiosamente.
— Qui non vi è niente, nè dove vanno, nè a che ora partono. Ma io l’ho saputo, a che ora sono partiti. Sono partiti col treno delle due e mezzo, col diretto Torino-Parigi. Hanno impostate le lettere alla ferrovia. Andrea che vi ha scritto? Che dice lui? Perchè mi ha fatto questo? Che vi scrive?
— Nulla — rispose Caterina, e le cadde la testa sul petto.
— Nulla? Ma sono proprio due infami? Sono proprio due assassini? Sentite, sentite: è certo che essi mi hanno ucciso.
Si era quasi levato sul letto, strangolato da una rabbia impotente, stringendo il piccolo pugno, schiu-