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parte prima 27

delle tricolori, e andò a sedere vicino a Lucia. Costei sembrò non se ne accorgesse, rimanendo lì come impietrita, con una espressione penosa sul volto.

— Che hai, Lucia?

— Nulla.

— Dimmi, Lucia, hai dovuto soffrir molto? Soffri ancora?

Neppure un respiro; neppure una linea del volto si mosse.

— Lucia, sai che non posso dirti nulla per consolarti. Io non so dirti.... non so.

E tacque. Le prese una mano fra le sue: era gelata. Questa mano rimase inerte, senza vita: Caterina la carezzò in silenzio, come se volesse mettervi del calore, un fremito. In verità ella cercava qualche cosa da dire, ma non trovava, non sapeva. Stava lì accanto, un po’ curva, cercando di farsi guardare da Lucia. Le tricolori di lontano spiavano. L’intiero collegio era in attenzione.

— Se tu piangessi, Lucia? — suggerì timidamente Caterina.

Niente. Nessuna impressione. L’altra sentiva crescere il suo imbarazzo e la sua confusione.

— Dimmi dunque, Lucia, dimmi che hai. Consolarti, vedi che non posso. Ma parla, piangi, sfogati; tu soffochi.

Nulla. D’un tratto la mano di Lucia Altimare si contrasse nervosamente: ella si alzò ritta in piedi, come irrigidita, si cacciò le mani nei capelli, li strappò, poi gittò un grido lungo, straziante, orribile — e via di