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parte quinta | 337 |
— Questa lettera da casa Sanna e questa dalla piccola posta.
— Va bene. Andate pure: fate tener caldo il pranzo.
Sebbene fosse un po’ disillusa, perchè Andrea non era giunto — ed erano quasi le otto — Caterina aprì con premura la lettera di casa Sanna:
«Signora Caterina, per carità, venite un momento. — Alberto».
Il carattere era tutto tremolante, a sgorbi, di penna che vacilla fra le dita di chi scrive. La soprascritta era di un’altra calligrafia. Caterina ne fu sgomentata. Che poteva essere accaduto? Male ad Alberto, no, poichè avrebbe scritto Lucia: male a Lucia, allora, sicuramente. Chi sa che male, chi sa che cosa! Bisognava andare. Suonò il timbro:
— Fate attaccare, Giulietta.
Quella la guardò meravigliata ed escì. D’un tratto Caterina, che andava a prendere un cappello e uno scialle, si fermò. E Andrea? S’era scordata di Andrea? Se Andrea ritornava e non la trovava, sarebbe andato in collera. Che fare? Sedette un momento, raccogliendo le sue idee: non era abituata a queste posizioni difficili, ella che non aveva volontà a sè. Finalmente si decise a scrivere due righe ad Andrea, chiedendogli scusa se usciva, per una mezz’ora, lasciandogli la lettera di Alberto come giustificazione; sarebbe tornata subito: egli pranzasse. Mise questa carta bene in vista sulla scrivania e vi posò il fermacarte.
Dopo si trovò ancora fra le mani la lettera della piccola posta. — Sarà Giuditta — pensò.