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parte quinta | 335 |
— Va a vestirti, va, cara.
Ella se ne andò, lentamente, voltandosi indietro a guardarlo. Ritornò dopo mezz’ora, tutta vestita di nero, coperta da un mantello di pelliccia, sotto cui nascondeva le mani. Venne e si sedette, come già stanca, accanto a lui.
— Non potrai andare a piedi, Lucia. Prendi una carrozza.
— ... la prenderò — diss’ella, con voce fiacca.
— Che hai lì sotto?
— Il libro di preghiere, il velo, il rosario.
— Tutto un bagaglio di pietà ha la mia monacella. Fatti santa, bella mia. Noi andremo tutti in paradiso mercè tua.
— Non ridere mai della religione, Alberto.
— Non rido mai delle cose in cui tu credi. È ora, core mio: va e ritorna presto.
Lucia gli buttò le braccia al collo, lo baciò sulla faccia scarna, e gli disse sottovoce:
— Perdonami.
— Ho da perdonarti, perchè tu prenda la comunione? Te l’ha detto il confessore? Ti assolvo.
Ella si curvò, profondamente. Poi si rialzò, guardò attorno con un’occhiata smarrita. Escì, vacillante, a capo basso: dopo un istante ritornò.
— Avevo dimenticato di salutarti, Alberto. Gli strinse la mano.
— Ricordati di me nella chiesa, santarella mia.
— Io pregherò per te, Alberto.
E se ne andò, alta, diritta, nera.