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parte quinta 329

troppo sfolgorante e troppo provinciale, non sarebbe stata grave spesa, visto che il tappezziere se lo ripigliava tutto il mobiglio del salotto giallo, e ne avrebbe fornito uno in cambio a colori miti, e forme nuove. Ella interrogava spesso Andrea, che le rispondeva distratto, poichè egli era preoccupato per una lite, a proposito di un muro divisorio, in una casa loro, al Sedile di Porto. Egli esciva sempre, aveva conferenze con gli avvocati, discorreva col suo uomo d’affari. Giusto, quella mattina era escito alle otto, non era ritornato che alle undici, disfatto.

— Ebbene, come va la lite? — gli domandò Caterina a colazione.

— Male.

— Perchè? Il nostro vicino non vuole venire a una transazione?

— Non ci vuole venire, si ostina, dice che è nel suo diritto...

— Ma l’avvocato tuo che fa?

— Che cosa vuoi che faccia? Si dimena, come tutti gli avvocati, o finge di dimenarsi.

— Perchè non mangi?

— Ho poca fame. Sono nervoso.

— Dopo colazione potresti dormire un pochino.

— Ti pare? Ho da escire di nuovo.

— Al Tribunale? Questa lite ti farà ammalare.

— Mi guarirò, mi guarirò.

— Senti un po’: se tu lo lasciassi fare il vicino?

— È questione di amor proprio. Ma tu hai ragione, forse.