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306 fantasia


Fu inutile. Lucia volle andarsene. Egli si urtò contro una volontà di ferro, contro una volontà che mirava, diritta, al suo scopo. Lucia gli rispose uno, due biglietti durissimi, con cui lo atterrò. Voleva andarsene, la lasciasse partire in pace. Voleva andarsene: perchè la tratteneva? Voleva andarsene, poichè soffriva tanto, poichè era così disgraziata. Voleva andarsene, a piangere altrove, a disperarsi altrove. Voleva andarsene, egli non aveva il diritto di trattenerla, quando la rendeva così infelice. Voleva andarsene, per non morire a Centurano.

E se ne andò. Solo, gli addii furono strazianti. Lucia piangeva dalla mattina, dovendo partire a mezzogiorno. Ogni cosa che vedeva, diceva: è l’ultima volta che la vedo — ogni cosa che faceva: l’ultima volta che la faccio. — Caterina era pallida, frenando le lagrime a stento. Alberto borbottava, commosso anche lui, perchè Lucia era commossa. Andrea vagolava per la casa come un fantasma, toccando gli oggetti, quasi si volesse assicurare della propria esistenza. Lucia lo evitava, non gli dirigeva la parola: soltanto gli levava in faccia gli occhi pregni di lagrime. Fecero colazione in silenzio: nessuno mangiò. Dopo, Lucia prese Caterina e se la condusse in camera: là le gettò le braccia al collo e singhiozzò, ringraziandola di quanto fosse stata buona con lei.

— O angelo, o angelo, Caterina mia, per quello che m’hai fatto, possa tu essere felice! Dio tenga la sua santa mano sulla tua casa: vi faccia entrare l’allegria e rimanere l’amore. Ti possa Andrea amare sempre più, ti possa adorare come una Madonnina...